Tra ampi improvvisi e piazzedeserte Demistificazionedel senso comune, avanguardismodi forma, sostanza iperletteraria e sorveglianza estremadi scrittura, conclamata impossibilitàdi unadinamica razionale, straniamento percettivo e narrativo: è ’La pietra unare’di Tommaso andolfi. Prosa che nasce, cresce e si rafforza alimentando ildubbio fantastico (verità, non verità, ilusione e apparenza o realtà concreta e tangibile?) pur ambientandolo in un contesto che sembra consueto. ’Scenedela vitadi provinciÒ recita - infatti - il sottotitolo e pare rimandare a certo neorealismodi maniera primonovecentesco compiuto tra e pianedela Sicilia o ale pendicidei montid’Abbruzzo ed invece il pËse,dove ’esistenza scorre monotona e tranquila e a quotidianità non ha scosse, si fa sulfurea scena unare, palco per spettri e fantasmi, assito in cui si muovono sagome perturbanti e infelici. Ostentazione grottesca, improvvisa una feroce famiglia, un protagonistadiverso, un palazzo in cima ale case e prosegue inventando e inventando sortite notturne, tra ampi improvvisi e fulgoridi uce.disavventure oniriche intessuted’erotico, piccole beffeda stregoneriadi campagna, gemiti e cantida upanaredi provincia ed altre anomalie che esistono, non esistono, non esistono ma potrebbero esistere ed essere realmente avvenute compongono ’opera: a migliore, probabilmente,di Tommaso andolfi.d’essa scrive Marcelo Carlino che è "insiemedi figure, uoghi, situazioni tipichedela etteratura minoredel primo Novecento italiano" che "si eleva ad esemplarità tipologica" e chiosa: un "piccolo capolavoro".