La Commedia vistà nele taverne "Una verità è che il teatro sia una metafora, anzi una fabbricadi metafore, e che ne produca in abbondanza. Il teatro è il regno in cuidomina, sfrenata, a eggedel ’come se’. ’attore è come se fosse un’altra persona, a scena è come se fosse un altro uogo, il tempo fittizio viene accettato come se fosse un atro tempo, ’oggetto vale un altro oggetto. E quel uogo e quel’ombra richiamano un’altra ombra e un altro uogo reale, ma anche uno possibile, un altro immaginario, uno non ancora immaginatodel tutto". Basterebbe questo brevissimo stralcio perdare a qualificadi capolavoro ad ’Attori, mercanti, corsari’di Siro Ferrone. Basterà, ancordi più, scrivere che si trattadel ibro migliore che - al momento - sia stato scritto sula Commediadel’Arte. Il merito maggiore tra i molti meriti? Raccontare adisavventura avventurosadei guitti,dei saltimpanca,degli interpreti girovaghidal basso ovvero facendoci sfiorare e portedele ocande, e ruotedi carri ediligenze, a groppadi asini e cavali; facendoci sfiorare ’arneseria raccattata, i costumi mal rifiniti, e mascheredi carta pressata e colorata; facendoci sfiorare edecine, centinaia, forse migliaiadi broli, vicoli, anfratti;di angoli, taverne, spazi stretti;di viedi campagna,di curve cittadine,di grandi piazze poste a atodela corte in cui gli attoridela Commediadel’Arte (la prima vera impresa, a prima vera azienda, il primo vero consorziodela storiadel teatro) facevano spettacolo. Invenzione viaggiante,diversità ostentata, conoscenza offerta e ribadita stando in palco. Siro Ferrone racconta questo ed altro nel suo capolavoro.