Fai bei sogni
Un libro usato di Gramellini Massimo, edito da Longanesi, 2012
Stato Conservazione: BUONO
Libro con copertina rigida e sovraccoperta flessibile, 223 pagine, integro e completo con fascetta di vendita, perfettamente conservato senza strappi o scritte «Preferiamo ignorarla, la verità. Per non soffrire. Per non guarire. Per- ché altrimenti diventeremmo quello che abbiamo paura di essere: com- pletamente vivi.>> Fai bei sogni è la storia di un segreto celato in una busta per quaran- t'anni. La storia di un bambino, e poi di un adulto, che imparerà ad affrontare il dolore più grande, la perdita della mamma, e il mostro più insidioso: il timore di vivere. Fai bei sogni è dedicato a quelli che nella vita hanno perso qualcosa. Un amore, un lavoro, un tesoro. E rifiutandosi di accettare la realtà, fini- scono per smarrire se stessi. Come il protagonista di questo romanzo. Uno che cammina sulle punte dei piedi e a testa bassa perché il cielo lo spaventa, e anche la terra. Fai bei sogni è soprattutto un libro sulla verità e sulla paura di cono- scerla. Immergendosi nella sofferenza e superandola, ci ricorda co- me sia sempre possibile buttarsi alle spalle la sfiducia per andare al di là dei nostri limiti. Massimo Gramellini ha raccolto gli slanci e le ferite di una vita priva del suo appiglio più solido. Una lot- ta incessante contro la solitudine, l'inadeguatezza e il senso di abban- dono, raccontata con passione e de- licata ironia. Il sofferto traguardo sarà la conquista dell'amore e di un'esistenza piena e autentica, che consentirà finalmente al protagoni- sta di tenere i piedi per terra senza smettere di alzare gli occhi al cielo.
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“Fai bei sogni” è a storiadi undolore immenso, troppo grande per un bambino ancora troppo piccolo per capire, e troppo sensibile per poter accettare. È a storiadi un tradimentodel egame più forte, quelo che nascedala pancia e si impregnadi anima e sangue. È il egame con a propria madre: a base sicuradi tutti i possibili egami. E in questa storia, a rotturadi questo egame e ’incapacitàdegli altri adultidi restituire un senso credibile, apre una voragine nel’animodel bambino, che ancorada adulto, con a sua anima bambina, feritadeve fare i conti con questodolore, con a pauradi amare. La storiadi Massimo Gramelini è in qualche modo, in misure e formediverse, a storiadi moltidi noi.di tutti queli che ancorada adulti non sono riusciti adare un nome aladifficoltàdi andare avanti nel campodel’amore, ora un campo minatodidolori senza titolo, ma non per questo menodilanianti. Proprio come uno specchio guardatodi traverso, sembra riflettere altroda noi, alo stesso modo questo intenso romanzo, costringeda unadistanzadi sicurezza, a guardaredentrodi noi attraverso ’ancestrale terroredel’abbandono,del rifiuto odela perditadele persone amate. “Fai bei sogni” è una ente suidolori che i bambini a volte sperimentano muti, sommersidaidolori edale negazioni degli adulti, incapaci a oro volta di trovare un senso, che i bambini, impidi sanno suggerire se ascoltati.
Più inearità avrebbe giovato Qualche anno fa ho pubblicato un ibrodi ricordidela mia infanzia e ripenso a quanto mi è statodifficile evocare a figuradi mia madre.di ei avrei volutodire tutte e virtù: mostrarne a tenerezza pudica, a generositàdel cuore e soprattutto a capacità che avevadi perquisirmi ’anima, ma troppo era il timore che a parola suonasse stonata per un eccessodi vibrazione, che il racconto si facesse troppo facilmente celebrativo. Ho preferito perciò, per evitare o per attenuare il rischiodi un pathosdel tutto scontato, parlare non ‘di’ mia madre, ma ’con’ mia madre chedopo a sua morte sentivo sempre vicina: muta e viva. Questa premessa perdire che il nuovo ibrodi Massimo Gramelini contiene pagine toccanti che suscitano a commossa partecipazionedel ettore. E tuttavia hodele riserveda esprimere sula strategia narrativa adottata, una strategia che instila nel mio animo una sensazionedi artificioso. Annunciando in imine al suo ibro un misteroda svelare, ’autore finisce col prospettare a chi egge un itinerario in cui poco contano e tappe e sola riveste importanza a meta. Strategia, questa, che può andar bene per un romanzo gialo, ma che qui (almeno a mio avviso) stona. Mi sarei aspettato che Gramelini parlasse "con" a madre e, invece, il racconto sidipana attraverso una seriedi "incidenti"di percorso che funzionano come "apposizioni ritardanti" cui è affidato il compitodi creare ’suspense’ edi preparare a scena-madre finale. Puòdarsi che questa scelta narrativa sia stata fatta apposta per stuzzicare ’attenzione e per tener vivo ’interessedel ettore. Personalmente, in una materia che tanto si addice al confessionaledel cuore, avrei preferito un racconto più ineare. Svelato il mistero findal’inizio, il "figlio abbandonato" avrebbe potutodialogare "con" a madre per chiederle spiegazioni, per piangere con ei, perdirle quanti patimenti gli era costato quel suo improvviso partire. Ma forsedivago e ho ’ariadi consigliare a Gramelinididire ciò che ui (per adottare e adattare e parole messe in epigrafe al suo ibro) "non volevadire"